giovedì 1 dicembre 2011

Il “Sereno” di Rizzoli












Il “Sereno” di Rizzoli
La dolce vita in terra flegrea


Si dice che Pozzuoli e Casamicciola, o meglio i loro amministratori dei primi anni ‘50, abbiano respinto le offerte di sviluppo turistico avanzate dal Angelo Rizzoli. Se ciò fosse avvenuto l’odierno “Waterfront” sarebbe ben misera ed inutile speculazione.
Nel 1951 Angelo Rizzoli sbarca ad Ischia dal suo panfilo “Sereno” (foto 1) e ha proprio l'aspetto di un commendatore, giacca a righe ben tagliata che comunque non maschera la pancetta, cappello leggero, immancabile sigaretta all'angolo destro della bocca. Attraversa la banchina dispensando sorrisi, e stringe una banconota da "diecimila" per l'ormeggiatore. Viene a controllare se ha ben investito i 50 milioni prestati al ginecologo milanese Piero Malcovati, deciso a rilanciare le terme. Sceso, si guarda attorno e s'invaghisce di Ischia, specialmente di Lacco Ameno. In pochi anni costruisce alberghi, terme, ospedale e il cinematografo in cui Charlie Chaplin tiene la prima mondiale di “Un re a New York”. Fa dell'isola la capitale del cinema italiano; richiama attori, reali incoronati e decaduti, finanzieri, stilisti e altra bella gente. Così Ischia diventa la periferica dolce vita romana.
Questa è la descrizione che tutti fanno di Angelo Rizzoli (1889-1970), figlio di un ciabattino analfabeta che muore prima che nasca il figlio. Da bambino conosce l'angoscia della povertà e della miseria e viene inviato nel Collegio dei “Martinitt”; orfanotrofio dove cresce e impara il mestiere di tipografo. A vent'anni inizia la sua carriera di imprenditore nel campo dell'editoria in una piccola sede e subito dopo la “Grande Guerra” in un moderno stabilimento. Nel 1927 acquista, dalla Mondadori, il bisettimanale “Novella” sul quale, all’epoca, vengono pubblicati racconti di D'Annunzio e Luigi Pirandello; poi seguono “Annabella”, “Bertoldo”, “Candido”, “Omnibus”, “Oggi” e “L'Europeo”. Dopo i periodici, Rizzoli inizia nel 1949 a pubblicare anche libri; specialmente classici a prezzi popolari. Sposa Anna Marzorati (foto 2) dalla quale ha due figli, Andrea (1914-1983), che lo rende nonno di Angelo (detto Angelone) Rizzoli jr. (1943) e Giuseppina. Il “cumenda”, così viene chiamato Angelo Rizzoli, inizia, con la “Cineriz”, anche l'attività cinematografica; con tale casa di produzione sono infatti girati “Umberto D." di Vittorio De Sica e la serie “Peppone e Don Camillo”.



Simbolo del successo e della potenza economica del “cumenda” è il suo lussuoso ed esclusivo panfilo “Sereno”, all’epoca il più grande del Mediterraneo (foto 3). Era stato questo, in precedenza, un dragamine della U.S.Navy; acquistato da Rizzoli sul mercato civile e fatto trasformare dai cantieri di Viareggio. Ha una stazza di 316 ton ed è lungo 43 metri. Possiede otto grandi cabine per gli ospiti, tutte con bagno, oltre agli alloggi per l’equipaggio, la cucina ed altri saloni. E’ fornito, oltre a due grosse lance di salvataggio, di due bei motoscafi che l’Armatore usa raramente nelle rade in cui non può accostare alle banchine. Una scaletta laterale abbattibile permette l’imbarco e lo sbarco degli ospiti; oltre che dalla classica passerella di poppa. Il “Sereno” è comandato da un esperto marinaio, il capitano Renato Molino, del quale il commendatore ha completa fiducia. Ricordo benissimo questo panfilo, a cavallo degli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo, attraccato all’ultimo e stretto tratto di banchina di Pozzuoli. Nella sua prima versione ha i teloni parasole ed i teli copri imbarcazioni di un colore azzurro che stacca elegantemente con il bianco dello scafo.
Negli anni 50 Rizzoli compra altri due ex dragamine in disuso e, sempre dai cantieri di Viareggio, li fa trasformare per la pesca del tonno; l’investimento non funziona e, data la carenza di un regolare servizio pubblico per Ischia, li fa ritrasformare in motonavi atte a trasportare i turisti tra Napoli ed i suoi alberghi di Lacco Ameno. Le due motonavi vengono battezzate col nome del suo albergo, “Regina Isabella I” e “Regina Isabella II”. Questo collegamento quotidiano dura 6-7 anni e l’ischitano armatore Agostino Lauro se ne preoccupa e lo contatta. Alla fine Rizzoli fissa, per il biglietto delle sue motonavi, un prezzo così alto, 1500 lire, che la sua non diventa mai una reale concorrenza per Lauro; inoltre la sua motonave parte alle 12,30, cioè in mezzo a 2 corse di Don Agostino, e questo per danneggiarlo il meno possibile. Nel 1961 vende uno di queste motonavi proprio ad Agostino Lauro, che la battezza “Celestina Lauro”. Quando va a firmare il contratto, Lauro chiede a Rizzoli di firmare con la sua penna d'oro di cui ha sentito favoleggiare; questi acconsente e poi gliela regala. Successivamente Agostino acquista anche l'altra motonave che battezza “Rosaria Lauro”. Queste due motonavi, fornite di poppa piatta tipo militare, ben si prestano ad essere trasformate in moto traghetti a mezzo della installazione di una rampa poppiera. In precedenza Lauro possedeva solo una piccola motonave, la “Freccia del Golfo” che a sua volta era una vecchia “VAS” (Vedetta Anti Sommergibile) della Regia Marina Italiana.
Il “Sereno” invece trasporta solo “VIP” o comunque amici del commendatore ed a tale scopo, per i collegamenti Terraferma - Ischia si serve del vicino porto di Pozzuoli. Qui, e nelle eleganti cabine di questo panfilo, passano i più bei nomi del jet set. Lo Scia di Persia in cerca di una nuova sposa, Walter Chiari e la focosa Ava Gardner, Liz Taylor che allontana dalla camera Richard Burton, Paolo Stoppa impegnato a litigare con Vittorio De Sica, Christian Barnardcon qualche sua amante, John Wayne, Maurizio Arena, Sofia Loren e Carlo Ponti (foto 4), Catherine Spaak e Fabrizio Capucci, diciottenni al sole. Moltissimi i protagonisti dei film prodotti dalla “Cineriz” del cumenda e, a volte, girati proprio sull’isola come “Vacanze a Ischia”, del ‘57, una commedia che illustra le bellezze del luogo dove Rizzoli, già abile “comunicatore globale”, ha tanto investito. Con la stessa lungimiranza, accetta di produrre il film “La dolce vita”. Federico Fellini non è ancora un maestro indiscusso e l’impresa si prospetta molto costosa. Rizzoli spiega, a un perplesso Montanelli, che ha deciso di rischiare: «…perché quel tipo lì... come si chiama? ... se riesce a far recitare gli altri come recita lui, farà certamente qualcosa che magari non si vende, ma che valeva la pena di fare... Perché quello lì per metà è un ciarlatano, ma per l’altra metà è un genio...».
Il Commenda ha cercato diverse volte di convincere Giovanni Guareschi ad andare in America per le presentazioni dei film della serie “Don Camillo” o per l’inaugurazione della “Libreria Rizzoli” di New York, ma sempre senza successo. Guareschi ha paura di volare e non se la sente di stare costretto su un nave per tanti giorni. Non si è neppure lasciato convincere a salire sul “Sereno” perché teme di soffrire il mal di mare, in giro si dice che balla molto in acqua e, soprattutto, perché non vuole incontrare a bordo alcuni personaggi familiari al Commenda, fra questi Pietro Nenni.
Nel 1958 l'albergo della Regina Isabella fa da sfondo anche al primo incontro tra lo Scià di Persia Reza Pahlevi e la principessa Maria Gabriella di Savoia, che hanno scelto Ischia per conoscersi meglio e decidere se sposarsi. Le cronache di allora riferiscono che l'ipotetico matrimonio tra il "re dei re" e la "principessa italiana" sia caldeggiato da Enrico Mattei, poiché quell'unione avrebbe certamente favorito gli interessi petroliferi dell'ENI in Iran. Dopo il pranzo l’imperatore s'imbarca verso mezzanotte sul “Sereno”, il panfilo di Rizzoli, che l’avrebbe portato a Pozzuoli da dove avrebbe poi proseguito per Roma (foto 5). All'uscita del porto è speronato da uno di quei barconi senza luce che vengono da Baia. La piccola imbarcazione cola a picco, ma anche il “Sereno” ha danni alla prua, tanto da dover essere scortato da un altra nave di Rizzoli, la Regina Isabella I°. La cosa è messa a tacere, per ovvii motivi, comprando il natante andato a fondo e poi facendo la pratica per la distruzione dello stesso. Purtroppo questo caso, alquanto strano e che si verifica in un periodo di notevoli tensioni internazionali, è consegnato all'oblio; sta di fatto che, già prima della cosiddetta "guerra fredda", l'interesse delle multinazionali del petrolio ha prevalso finanche sulla “raison d'etat”.
A proposito della permanenza ad Ischia dello Scià, Enzo Biagi riferisce un incredibile "incidente formale" che sconcerta il cerimoniale. Rizzoli ha invitato l'imperatore persiano, ad Ischia, ma non vuole incontrarlo, perché non saprebbe reggere la conversazione in una lingua straniera. Invece resta bloccato proprio davanti all'ascensore ed è obbligato a sentire un discorso, intercalato da molti inchini, di cui non capisce assolutamente nulla. Dopo diventa furioso: «Lo sapevo che non dovevo vederlo, perché non so una parola di francese o di inglese. E io non potevo rispondere. Almeno avesse parlato in scià». Questa affermazione di Biagi merita di essere ricordata, soprattutto perché essa è sintomatica delle tante stramberie raccontate su Rizzoli.
Angelo Rizzoli è anche il produttore di molti film di Comencini, il regista cui è legato da un rapporto di amore e odio. Entrambi sono di casa a Ischia, perché anche Comencini vi acquista una villa nel 1961 dove trascorre per molti anni le vacanze con la sua famiglia. Un giorno, imbarcati sul panfilo “Sereno”, Rizzoli indica a Comencini un promontorio dell’Isola e glielo promette in dono per permettergli di costruire una nuova casa. Ma qualche mese dopo gli confida: «Caro Luigi, se sapessi a quante persone ho regalato quel promontorio...».
Altro aneddoto, avvenuto sempre sul “Sereno” è raccontato da Dino Risi e riguarda il maestro Nascimbene. Il maestro scrive musiche per film. E’ un uomo educato, elegante, riservato. Una sera a Napoli incontra il grande editore e produttore cinematografico Angelo Rizzoli, che è lieto di conoscerlo. Cenano insieme al ristorante da “Zi’ Teresa”. Il maestro divora un enorme piatto di “impepata di cozze” annaffiato con del Falerno ghiacciato, mentre il “cummenda” gli dice: «Senta, io avrei un progettino per lei, se lei vuole, domani mattina s’imbarca con noi a Pozzuoli sul mio “Sereno”, così avremo tempo per parlarne». Nascimbene aderisce felicissimo all’invito e l’indomani parte in compagnia di belle donne e uomini ricchi per una crociera che promette di essere una svolta nella sua vita. La scritta “Musica di Mario Nascimbene” nei titoli di testa di un film di Angelo Rizzoli è un sogno che finalmente si realizza. A mezzogiorno, sullo yacht mangia leggero. Già la notte le cozze di “Zi’ Teresa” si sono fatte sentire. Da anni soffre di stipsi. Nelle prime ore del pomeriggio prende un blando lassativo e si distende su una sdraio per un sonnellino. Lo sveglia un dolore al basso ventre. La fronte gli si copre di un sudore freddo. Dalla piscina una ragazza gli grida: «La palla. La palla, per favore». Si alza per prenderla, ma un dolore lancinante lo piega in due. Gli si annebbia la vista, sente gridare: «La palla! la palla!». Spicca una corsa, sale una rampa, trova il corridoio dove s’affaccia la sua cabina, entra, si strappa via i pantaloni, raccoglie nelle mutande la lava di un vulcano, fa un pacco, apre l’oblò e lo getta in mare. Ma non c’è il mare sotto. Il pacco centra il tavolo verde dove Rizzoli gioca a carte con tre amici (foto 6). Quella stessa notte il lussuoso panfilo “Sereno” attracca al porto di Civitavecchia dove il maestro Nascimbene, senza mutande e senza contratto, viene fatto scendere in tutta segretezza.
Se la gente di talento lo incanta, Angelo Rizzoli, invece, non ama i ricchi. A cominciare da suo figlio Andrea. Spesso gli rimprovera di non essere nato povero e di non aver provato i morsi della fame. Enzo Biagi ricorda che durante una cena, il “cumenda” prende una bottiglia e dice: «Questo monte alto sono io». Poi afferra un bicchiere: «E questo è il Col di Lana: Andrea». La foto n. 7 mostra al centro Andrea Rizzoli con il figlio Angelo jr ed il padre Angelo senior. Angelo Rizzoli dice anche: «Ho messo in piedi un impero così grande e solido che ci vorranno almeno tre generazioni per distruggerlo». Sarà il suo unico abbaglio, ma non avrà il tempo di rendersene conto perché muore nel 1970, a 81 anni.
Tutto passa ad Andrea che nel 1974 acquista, dalla famiglia Crespi, da Angelo Moratti e Gianni Agnelli il 100% delle quote di "Editoriale Corriere della Sera". L'operazione viene a costare più di 40 miliardi di lire, una cifra enorme per quel tempo, ma in tal modo Andrea viene a capo di un impero mediatico potentissimo. Su progetto dell'architetto Gipo Viani costruisce “Milanello”, sede della squadra di calcio del “Milan”, di cui è anche presidente. Con la “Cineriz” produce ancora film tra cui “Amici miei” di Mario Monicelli. Nel 1978 lascia il gruppo in mano al figlio Angelone, ritirandosi a vita privata in Provenza. Per dimostrare l’inettitudine di suo figlio, Andrea che ha sempre evitato i giornalisti, rilascia interviste di fuoco, piene di pettegolezzi. Racconta di quella volta che Angelone con la moglie, l’attrice Eleonora Giorgi, e il figlio è partito con l’aereo privato per un weekend a Portofino. E ha anche fatto venire il “Sereno” da Ischia per farci dormire le guardie del corpo. Poi, per rientrare a Roma, la coppia ha noleggiato un altro aereo. «Uno yacht e due aerei per mezzo fine settimana a Portofino!» dice il padre. Un’altra volta, in Costa Azzurra, Eleonora Giorgi in una sola notte manda tre volte l’autista in Italia a cercare la Sangemini...». Andrea Rizzoli muore di infarto poche settimane dopo l'arresto dei figli Angelone e Alberto cui viene contestato il reato di bancarotta. L'erede della più grande casa editoriale italiana, viene a trovarsi con un cumulo di debiti e con aziende non più profittevoli; pressato da un sistema bancario nel quale un ruolo importante viene rivestito dalla massoneria. Cede al Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, Licio Gelli ed altri iscritti alla loggia P2 il controllo del Gruppo “RCS” - Rizzoli Corriere della Sera.
Finisce, tra scandali e dissesti, un grande impero mediatico e l’ultima immagine del “Sereno”, ripreso nel 1996 a Fiumicino abbandonato e semi affondato (foto 8), ben si presta a simboleggiare la caduta di questa dinastia.

Giuseppe Peluso - Pozzuoli Magazine del

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